Non scrivo spesso sul blog ultimamente.
In realtà ho scritto un post la scorsa settimana dopo dieci giorni di all white nella testa e sullo screen del pc, ma non perché non ne abbia avuto il tempo oppure sia in vacanza la moglie (del tempo, ovvero la voglia...).
Non scrivo perché ho percorso innumerevoli stanze, assorta e piena di Lei, di quella strana espressione che la prima volta che l'ho sentita pronunciare nemmeno la riconoscevo, così sintetica e dura, eloquentemente sincera, concisa quasi fosse stata scritta in codice binario. La seconda volta che l'ho incrociata in un soffio di vento caldo è andata forse peggio, ho sentito la paura penetrare nelle ossa e nel naso, un misto di soggezione e impertinenza, senza quella nota di stupito rossore che di solito fa presagire l'innamoramento.
L'ho dovuta ripetere centinaia e migliaia di volte, sottovoce, clandestina nel silenzio ingombrante di un pensiero divenuto ossessione, scandirla per abituarmi a quel suo suono cittadino, acre, saccente.
Non è stato affatto un colpo di fulmine, eppure è (stato) Amore.
Sì, l'Amore quello che sbaraglia le ore e investe le parole, che fa balbettare di fronte a una porta socchiusa, indecisi se spingersi dentro o restarne fuori, quello che ti concede solo un'unica, improrogabile occasione, ma poi filtra dalla finestra alle prime luci del giorno e quando tu, per orgoglio o cocciuto timore, non lo lasci entrare, resta lì a battere la melodia del tuo cuore, in attesa che ritorni. Quel tipo di Amore che aspetta paziente e indaffarato, fermo in cammino, giacché non tutti i passi si possono contare né tutte le chiamate udire.
Definitela vocazione o forse dono, io in Lei ho trovato la mia essenza - che fa banalmente rima con presenza e pure con assenza - assieme a un'assunzione di rischio pragmatica e alla leggerezza di cui solo le scelte sono capaci.
Ed oggi mi presento...
Questa sono io da quando ho smesso di credere al "mai per sempre":
Project Manager tra creatività e ingegneria!
Giovanna Jacqueline C.